Centro fisioterapico Udine – Un team, un approccio multidisciplinare e una strategia innovativa ben collaudata, in grado di affrontare con successo ogni dolore.
Centro fisioterapico Udine – Cosa segna la differenza tra un trattamento fisioterapico e un altro?
Centro fisioterapico Udine – All’interno di questo articolo vi racconteremo il percorso riabilitativo di una paziente che ha deciso di rivolgersi allo studio TrattaMIX dopo essersi rivolta a diversi centri per risolvere un problema alla caviglia che la tormentava da almeno un anno. Questo per farvi capire che solo l’approccio in team e la visione globale del corpo, valutato da occhi esperti e non solo fisioterapici, possono rendere un percorso vincente ed efficace.
Una caviglia che non può migliorare
La nostra paziente, di cui non indicheremo il nome e cognome per motivi di privacy, si è rivolta a noi all’inizio del mese di ottobre 2019. Si tratta di una donna adulta di circa 50 anni, che nella sua vita svolge l’attività di insegnante. Pratica sport amatoriale come il nuoto, ma la sua professione la obbliga a mantenere la postura seduta per molto tempo. Dopo l’infortunio alla caviglia il medico le diagnostica un’artrosi non curabile, deve imparare a convivere con il dolore.
Vi racconteremo il suo percorso integralmente in 6 semplici passaggi, partendo dalla raccolta dati
- Raccolta dell’anamnesi recente
- Raccolta dell’anamnesi remota
- Il nostro ragionamento clinico sulla base dei dati raccolti nell’intervista
- La valutazione fisioterapica
- Il percorso riabilitativo
- Il lavoro di squadra e le tecniche giuste al momento giusto fanno la differenza
Raccolta dell’anamnesi recente (come sta la paziente al momento della visita)
Il quadro clinico con cui si presenta nel nostro studio è riassunto nelle righe che seguono.
Al momento attuale la paziente presenta come sintomo principale un dolore diffuso alla caviglia destra accompagnato da una fitta in corrispondenza di un punto nella parte laterale (malleolo peroneale). Questo dolore la accompagna da quasi 1 anno, ed è insorto in seguito ad una distorsione che si era procurata nel dicembre 2018 durante la discesa di un gradino di piccola altezza.
Dopo la prima distorsione, ne è avvenuta un’altra più recente, datata marzo 2019, sempre sulla stessa caviglia, a causa di una caduta dalle scale: questo trauma ha scatenato nuovamente il dolore precedente e l’ha spinta rivolgersi a dei professionisti per cercare di risolvere una volta per tutte il problema. In sequenza, il percorso terapeutico che ha seguito è il seguente:
- 1 mese e mezzo di terapia farmacologica
- 45 giorni di magneto terarapia
- alcune sedute di osteopatia
- ipotesi del medico ortopedico di intervenire con acido ialuronico per lubrificare l’articolazione a febbraio 2020 (non ce ne è stato bisogno)
Questi interventi non hanno però prodotto i risultati sperati, dandole dei benefici scarsi e temporanei.
Per questo motivo decide di rivolgersi all’ortopedico, il quale tramite un’ecografia diagnostica “un’artrosi non curabile con edema della spongiosa e versamento interno alla caviglia”. In altre parole, il medico osserva un ristagno di liquido all’interno dell’osso e dell’articolazione, indici di una caviglia infiammata e sofferente.
Oltre al dolore della caviglia destra, la paziente accusa dal 2012 episodi di dolore alla zona lombare della schiena, ora meno frequenti.
Raccolta dell’anamnesi remota (la storia clinica del paziente)
Con anamnesi remota si intende la raccolta di tutti i traumi e le infiammazioni che la paziente ha collezionato negli anni fino ad oggi. I dati che emergono sono:
Traumi e fratture (sistema muscolo-scheletrico)
- Sulla caviglia destra (oggi dolente), ricapitolando i traumi subiti sono 3:
- A 17 anni frattura del malleolo peroneale, ovvero dell’osso laterale della caviglia
- Dicembre 2018 prima distorsione durante la discesa di un gradino
- Marzo 2019 seconda distorsione per una caduta dalle scale
- A 27 anni ha subito un forte trauma alla schiena
- Dai 20 ai 35 anni, vari episodi di tendinite rotulea sul ginocchio destro
- 20 anni fa, trauma alla spalla destra mentre faceva judo
- 10 anni fa, distorsione al ginocchio sinistro che le ha dato dolore per due anni
Infiammazioni e interventi chirurgici (sistema viscerale)
- A 10 anni rimozione di tonsille e adenoidi
- Dal 2008 la paziente ha sofferto 3 polmoniti
- Nel 2013 intervento di quadrectomia al seno
Il nostro ragionamento clinico sulla base dei dati raccolti con l’intervista
La valutazione a lettino non è ancora iniziata, ma già sulla base del racconto che fa la nostra paziente siamo in grado di capire il problema e la sua origine.
Il sintomo che la paziente lamenta interessa una caviglia che, per la sua storia di traumi, era già in una situazione molto delicata; la rottura del malleolo a 17 anni e la collezione di ben 2 distorsioni ci dicono che quella zona del corpo è debole da tempo: i traumi subiti non sono quindi guariti nella maniera corretta e la muscolatura della caviglia è ad oggi troppo debole per assicurare un controllo motorio adeguato. Vi porto un esempio.
Quando camminiamo e per un qualche motivo mettiamo male il piede, nelle condizioni NORMALI si assiste a questo processo:
- I muscoli e i legamenti che stabilizzano l’articolazione subiscono un iniziale stiramento, e per evitare che questo allungamento continui fino a diventare traumatico, le fibre nervose che avvolgono muscoli, tendini e legamenti, inviano un messaggio al cervello per “metterlo al corrente della situazione a rischio”
- Il cervello attiva la contrazione dei muscoli stessi per fare da scudo e proteggere la caviglia da eventi lesivi
- Questo meccanismo fa si che in pochi millisecondi, grazie alla contrazione muscolare, riusciamo a rimettere in una posizione di sicurezza il piede così da andare avanti nella marcia
Al contrario, quando si colleziona un trauma sulla caviglia e la riabilitazione non avviene in modo corretto e completo, la funzione di questi muscoli viene meno e ogni superficie instabile può rappresentare un rischio per quella caviglia. Dato il ridotto controllo muscolare, ogni evento instabile causerà dei microtraumi ai legamenti e alle strutture articolari, dando come risultato una caviglia gonfia e infiammata.
Questo è proprio il caso della nostra paziente, e l’ecografia fatta dall’ortopedico ne è una testimonianza: il liquido che lui osserva non è altro che il risultato dei suddetti microtraumi. La presenza di edema osseo inoltre ci dice che quell’articolazione ha sofferto un trauma da impatto: in seguito alla caduta, la caviglia ha subito uno schiacciamento di due superfici articolari tra di loro, tale da lesionare la cartilagine e la struttura ossea interna (trabeccolare) dell’osso stesso.
La nostra intervista ha messo in luce anche altri elementi:
- Oltre alla caviglia è presente un sintomo secondario, ovvero il dolore della zona lombare. Questo fastidio non è da sottovalutare perché nonostante la paziente non ci dia troppo peso, la sua presenza è una spia di qualcosa che, a livello globale, non funziona.
- La storia di traumi e di infiammazioni che la paziente ci racconta riguarda altre zone del corpo al di fuori della caviglia: troviamo infatti tre polmoniti, un intervento al seno e altri traumi disseminati alla schiena, agli arti superiori (spalla destra) e inferiori (le due ginocchia). Questi dati ci dicono che molto probabilmente questi distretti porteranno i segni degli eventi traumatici e infiammatori, perché nonostante siano datati nel tempo e la loro guarigione si sia completata tempo fa, ogni trauma porta con sé rigidità e perdita di mobilità se non trattata adeguatamente.
Il corpo è una macchina meravigliosa, da solo riesce a sostituire i pezzi che vengono rotti a causa di traumi. Quei pezzi però non saranno mai uguali agli originali, e nonostante la macchina vada avanti i malfunzionamenti non tarderanno a farsi sentire.
La valutazione fisioterapica
Inizio della visita
In sintesi, con la nostra visita iniziale oltre alla storia clinica abbiamo esaminato:
- La distribuzione del carico sugli arti inferiori. Nel suo caso era presente più peso a sinistra (la gamba opposta alla caviglia destra dolente), il che ci dice che la sua postura è sbilanciata e che mentre il lato sinistro accoglie più peso (è compresso), il lato destro appare stiracchiato (è allungato). Il ragionamento è semplice: se vi inclinate con la schiena a sinistra, noterete che il fianco sinistro si piega e si accorcia, il fianco destro e i suoi tessuti si allungano.
In definitiva sulla caviglia dolente destra, muscoli, legamenti e nervi, al momento della visita sono allungati e stirati. - Qual è la condizione dei tessuti interni della caviglia. Per far ciò abbiamo fatto ricorso all’ecografo che abbiamo in dotazione in studio (a questo link potrete leggere un articolo che vi spiega bene come lo utilizziamo). Grazie al suo utilizzo siamo in grado di osservare con precisione la condizione dei tessuti interni alla caviglia, quindi dei muscoli, dei legamenti e della cartilagine articolare. Premettiamo che la nostra non è una diagnosi ecografica, dato che questa è di competenza esclusiva del medico radiologo. L’impiego di questo strumento in fisioterapia ci permette di ottenere maggiori informazioni per rendere ancora più efficace e mirata la riabilitazione e per verificarne gli effetti seduta per seduta. L’ecografia sulla nostra paziente evidenzia due cose, la caviglia dolente ha una piccola alterazione della cartilagine nel lato interno (affrontabile facilmente con una terapia laser mirata, potete facilmente capire come usiamo questo strumento cliccando su questo link), e soprattutto soffre di una sinovite dei muscoli peronei. Cosa s’intende per sinovite dei peronei? In poche parole la sinovite è un’infiammazione della sinovia, ovvero della guaina che avvolge i tendini dei muscoli laterali della caviglia (peronei). Quando questa pellicola si infiamma, si inspessisce e rende difficoltoso lo scorrimento dei tendini muscolari al suo interno, portando alla creazione di attrito durante il movimento. Questo attrito non fa altro che peggiorare la situazione e aumentare il processo infiammatorio. Cosa ci dice questo? Come potrete ben capire, ci dice che in questo momento il movimento a carico di quella caviglia è dannoso, perché non fa altro che aumentare l’infiammazione di quella zona.
- Qual è la condizione delle strutture viscerali, muscolari e articolari del corpo: come abbiamo accennato all’inizio, noi realizziamo una valutazione a 360° del corpo. Ne esaminiamo ogni struttura, viscerale, muscolare e articolare, per capire il quadro che abbiamo di fronte e per farci un’idea globale di cosa si muove come dovrebbe e cosa no.
Questo, sia perché la paziente ci racconta di traumi ed infiammazioni disseminati in diverse zone del corpo, sia perché ogni rigidità porta ad una modifica della postura. Avere una postura scorretta non fa altro che sovraccaricare delle zone e indebolire altre, con il risultato finale di dolori e infiammazioni recidivanti e difficili da mandar via.
La nostra visione d’insieme ci permette di non focalizzarci solo sul sintomo e quindi di non ripetere gli stessi errori che sono stati commessi prima del nostro intervento.
In questo caso la paziente presentava delle rigidità a livello di: zona cranica, torace, colonna vertebrale, bacino, piedi.
Conclusione della visita
A visita conclusa, siamo stati in grado di dire alla paziente:
- Qual è in modo chiaro il problema attuale (attraverso una sintesi dei dati raccolti con l’anamnesi e la valutazione a lettino)
- Quali sono le soluzioni per risolverlo (terapia manuale, laser per l’alterazione della cartilagine, rieducazione motoria specifica, allenamento globale con personal trainer)
- Quante sedute ci occorrono per risolvere la fase acuta-infiammatoria (4-6 sedute), ovvero per riprendere una vita quotidiana senza dolore. In valutazione ci riserviamo di dare dei tempi precisi solo per questa fase, sia perché al suo termine osserviamo già una riduzione pressoché totale dei sintomi, e sia sopratutto perché l’approccio del paziente è passivo, ovvero il grosso del lavoro lo fa tutto il fisioterapista. Capirete bene che, per un professionista esperto è semplice capire quanto lavoro c’è da fare e quanto tempo serve per farlo. Al contrario, nelle altre fasi (quando e se sono necessarie) il contributo del paziente è maggiore e ben più fondamentale. Viene da sè quindi, che i tempi non dipendono più solo dal terapista e diventano più difficili da calcolare.
Fasi del percorso Riabilitativo
In seguito alla prima visita, il percorso riabilitativo che abbiamo creato su misura per la paziente, ha previsto diverse fasi:
- Fase acuta – con l’obiettivo di ridurre al minimo o far scomparire del tutto il dolore nelle attività della vita quotidiana, quindi in assenza di particolari stress fisici.
- Fase di riprogrammazione posturale – rieducare il corpo al corretto movimento, in modo da recuperare una postura corretta e stabilizzare le articolazioni in difficoltà eliminando eventuali micro traumi, portando quindi la paziente in condizione da potersi riallenare in sicurezza
- Fase di riallenamento – in questa fase il nostro contributo è solo e sopratutto di controllo, e prevenzione delle ricadute; arrivati a questo punto la paziente deve trovare il giusto sport per riallenare e rimettere in forma un corpo che è stato fermo per 1 anno. Riacquistando il giusto tono globale dirà addio per sempre a tutti quei sintomi che l’hanno accompagnata per molto tempo. La soluzione migliore ovviamente è trovare un attività fisica/sportiva, che non solo sia adatta al suo percorso, ma anche e sopratutto che le piaccia, in modo che sia duratura nel tempo.
Fase acuta
Obiettivi – eliminare l’infiammazione e il dolore alla caviglia, ristabilire il bilanciamento del peso sugli arti inferiori e liberare il corpo dalle rigidità accumulate nel tempo.
Tempo a disposizione – quello stabilito in prima visita, 4-6 sedute. La frequenza delle sedute è stata settimanale per le prime 4, a distanza di due settimane per le ultime due. La durata totale della fase acuta è stata di 2 mesi.
Professionista incaricato al lavoro – Fisioterapista esperto in terapia manuale
Trattamenti eseguiti:
- 2 sedute di Laser yag (questo è un particolare strumento laser che abbiamo descritto bene in un articolo precedente, che potete leggere a questo link): effetto cicatrizzante sulle lesioni tissutali e drenante sul gonfiore della caviglia
- Trattamento fasciale del sistema circolatorio – per favorire il drenaggio venoso, il rifornimento di nutrimento ai tessuti lesionati e l’eliminazione rapida dell’infiammazione
- Trattamento dei distretti muscolari e articolari rigidi – durante le sei sedute ci siamo occupati della zona cranica, del torace, della colonna vertebrale, della spalla, del bacino e dei piedi. Di questi distretti, abbiamo lavorato i tessuti fasciali superficiali (pelle e sottocute) e profondi (muscoli e ossa).
- Applicazione di Kinesio-tape ad 8 sulla caviglia – bendaggio elastico che permette la stabilizzazione dell’articolazione per evitare microtraumi ripetuti
- Educazione – abbiamo indicato alla paziente cosa fare in questa fase in concomitanza con la fisioterapia (applicare il ghiaccio sulla caviglia, bere di più per idratare i tessuti, riposo per non irritarli) e cosa evitare (stressare la caviglia con posture fisse prolungate o camminate sostenute)
Conclusione della fase acuta – OBIETTIVO RAGGIUNTO, ad ogni seduta la paziente mostra un miglioramento dei suoi sintomi, che al termine delle 6 sedute, da costanti si trasformano in rari e di lieve intensità. Al termine della fase acuta, che ha rispettato i tempi stabiliti, la paziente ha ottenuto i risultati prima descritti.
Fase sub-acuta
Obiettivi – insegnare alla paziente a padroneggiare il proprio corpo libero da tensioni e fare in modo che i movimenti quotidiani vengano eseguiti in modo corretto, controllato, consapevole e totalmente privi di dolore.
Tempo a disposizione – 2-3 sedute.
Professionista incaricato al lavoro – Fisioterapista esperto in rieducazione motoria
Trattamenti eseguiti:
- Valutazione ecografica dei 3 diaframmi lingua, diaframma addominale e pavimento pelvico – come abbiamo spiegato in un articolo relativo alla scoliosi ma valido anche in assenza di questa patologia che potete leggere a questo (link), i tre diaframmi sono i piani orizzontali che assicurano la stabilità del corpo durante i movimenti. Un loro corretto tono muscolare e una loro simmetrica attivazione tra lato destro e sinistro fanno sì che i movimenti di tutto il corpo avvengano in maniera controllata e sicura. Al contrario, se uno dei tre risulta alterato, ad esempio il diaframma addominale, allora la posizione e i movimenti del torace avverranno in modo scorretto, modificando la normale posizione delle scapole e portando le spalle stesse a lavorare male.
Nel caso della nostra paziente, dalla valutazione ecografica non sono emerse anomalie: questo significa che il corsetto centrale dato dai tre diaframmi si attiva correttamente.
Poiché la caviglia risulta ancora instabile, capiamo che ad essere deboli sono i muscoli distali, ovvero quelli degli arti inferiori. - Rieducazione motoria specifica degli arti inferiori – esclusa l’influenza dei tre diaframmi sulla caviglia, siamo andati ad individuare in maniera precisa quali sono i muscoli più deboli degli arti inferiori. Abbiamo fatto eseguire alla paziente una serie di movimenti ripetuti per valutare l’effetto del rinforzo di quei specifici muscoli sui sintomi della caviglia. Una volta confermato il beneficio del rinforzo mirato, abbiamo fornito alla paziente alcuni esercizi da eseguire a casa per continuare il lavoro eseguito in studio.
- Applicazione di Kinesio-tape ad 8 sulla caviglia – per continuare l’azione di stabilizzazione ed evitare microtraumi ripetuti
Conclusione della fase sub-acuta – OBIETTIVO RAGGIUNTO, ad ogni seduta la paziente mostra un miglioramento dei suoi sintomi. Alla fine delle 3 sedute di sub-acuto percepisce un indolenzimento alla caviglia destra solo dopo aver camminato 10 km per tre giorni consecutivi: risultato ottimo che ci conferma la fine dell’infiammazione e del dolore acuto e ci suggerisce la possibilità di passare alla fase successiva di rinforzo muscolare.
Fase di Riallenamento
Obiettivo – mantenere i risultati ottenuti e rinforzare la muscolatura della caviglia e di tutto il corpo. Il dolore presente da un anno ha inficiato sicuramente il tono muscolare degli arti inferiori, contribuendo a rendere recidivi i dolori e i microtraumi alla caviglia.
Tempo a disposizione – non definito. Il ri-allenamento non è così prevedibile nei tempi come il controllo della fase acuta. Molto dipende da quanti esercizi si riesce ad eseguire a casa, consideriamo ormai i nostri interventi, dei controlli.
Professionista incaricato al lavoro – Personal trainer laureato in scienze motorie in collaborazione con il Fisioterapista esperto in rieducazione motoria
Trattamenti eseguiti:
- Test statici e dinamici
- Respirazione diaframmatica
- Esercizi di rinforzo del corsetto muscolare centrale e degli arti inferiori
- Esercizi di allungamento per il miglioramento della postura
- Applicazione di Kinesio-tape sulla caviglia e sul ginocchio.
Conclusione della fase avanzata – al momento ancora in sviluppo, ad ogni seduta (che ormai possiamo chiamare controllo), la paziente mostra un miglioramento dei sintomi alla caviglia, ormai legati più alla debolezza muscolare. Arrivata a questo punto la paziente stessa sente la necessità di rinforzare la propria muscolatura per avere un controllo più consapevole della propria caviglia durante i gesti quotidiani. La palla passa quindi al personal trainer, il professionista che più di tutti ha le competenze adatte per riallenare il corpo. Il fisioterapista resta dietro le quinte ma contemporaneamente fornisce supporto con kinesio tape ed eventuali trattamenti per far sì che l’allenamento e il ritorno alla quotidianità possano avvenire al meglio. Il confronto multidisciplinare si è rivelato una risorsa fondamentale per adottare strategie sempre più specifiche e adeguate alla condizione del paziente.
Centro fisioterapico Udine – Il lavoro di squadra e le tecniche giuste al momento giusto fanno la differenza
Il percorso fisioterapico seguito dalla paziente che vi abbiamo presentato racchiude in sé tutte le caratteristiche di un lavoro di successo, ovvero:
- Il lavoro in team – il lavoro integrato di due fisioterapisti e una personal trainer è servito ad analizzare con cura i dettagli del problema e a risolverlo attraverso le competenze più adatte alla specifica fase del percorso.
- Risultati efficaci in tempi relativamente rapidi – tutto il percorso eseguito sinora è durato all’incirca 4 mesi. Molti, troppi penserete. Invece no, sono anche pochi considerando che la paziente ha speso un anno a cercare soluzioni per poi ritrovarsi ad avere benefici parziali o solo temporanei. Al contrario, noi abbiamo risolto il grosso del dolore in 6 sedute (2 mesi) e il resto del tempo è stato speso e lo si sta spendendo per stabilizzare i risultati ottenuti. Questo non per dire che abbiamo vinto una gara sul tempo, ma per affermare che quando si usano le tecniche giuste nei momenti giusti, è allora che si vedono i risultati sperati.
In conclusione, speriamo che l’esempio clinico che vi abbiamo descritto in questo articolo vi abbia aiutato a capire che il successo di un percorso fisioterapico si ottiene quando ci si affida a professionisti che prediligono il lavoro di squadra e che si affidano alle migliori tecniche, risorse e strumenti per affrontare un problema a 360°.
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